Al momento stiamo operando nella Romania del nord est, nella regione della Moldova. Ci troviamo in una zona totalmente rurale e caratterizzata da un’estrema situazione di povertà, soprattutto nei villaggi dove è spesso difficile arrivarci in auto, soprattutto nei mesi invernali.
Il nostro punto di riferimento è la fattoria di Chedes Agape ONG, situata nel comune di Rebricea (distretto di Vaslui) dove vive la famiglia Stroi di nazionalità e lingua rumena, ma perfettamente in grado di parlare italiano. Loro ci rappresentano sul territorio e condividono i medesimi principi cristiani della missione.
Dall’Italia alla Romania (Rebricea) distretto di Valsui.
Per raggiungere Rebricea dall’Italia, fino a poco tempo fa l’unica alternativa era atterrare a Bucarest (357 km) ma da qualche tempo è possibile atterrare a Iasi (41km).
I nostri primissimi viaggio, partivano dall’aeroporto di Bucarest e per i primi chilometri di viaggio sembrava di essere tutto sommato in una qualunque periferia europea, man mano che ci allontanavamo dalla capitale, ci si rendeva conto di essere immersi in un territorio rurale assolutamente diverso da quello che siamo abituati a vedere qui in Italia.
Se si viaggia a primavera, si viene colpiti subito dalla natura rigogliosa: il verde brillante dei prati, la quantità di piante e di terreni ricoperti da vegetazione, che rendono il paesaggio bello, morbido, si direbbe intatto, ma la cosa particolare è l’assenza di abitazioni e soprattutto di strade per lunghissimi tratti di territorio.
Si capisce che per muoversi da una città all’altra le alternative sono pochissime: c’è solo la strada principale, poche vie secondarie e senza alcun tipo di servizio per chilometri e chilometri… Vivere qui è molto ma molto difficile, con poche speranze che si possa sviluppare una economia moderna, a meno che il Governo non decida di fare interventi radicali, cosa del tutto improbabile vista la povertà di questo paese e il disinteresse nei suoi confronti da parte del resto dell’Europa.
La fattoria Chedes Agape
La città vicina più grande, vicino alla fattoria, è Vaslui, che è il capoluogo del distretto di cui fa parte Rebricea. E’ proprio qui che ubicata la fattoria: un edificio con un solido tetto rosso, rinnovato grazie al prezioso lavoro che è stato svolto dai missionari e volontari che si sono avvicendati negli anni e dalla generosità di cristiani che hanno donato molto per portare avanti questa opera.
La fattoria di Chedes Agape è gestita totalmente dalla famiglia Stroi. Nico e Mihaela sono due persone speciali. Con la loro forza, la loro volontà e soprattutto con una grande fede, portano avanti tutte le sue attività. Le loro due figlie sono Crina e Cristina.
Il villaggio di Rebricea
Arrivare a Rebricea è come essere catapultati indietro nel tempo… Certo da quando è stata asfaltata la strada che porta alla fattoria, si vede qualche auto in più e molti TIR che la attraversano per raggiungere altri Paesi più a est come l. Ucraina, la Russia o la Turchia. Le autovetture dei locali sono poche. Sembra quasi di essere nelle campagne italiane dell’immediato dopoguerra: il mezzo di trasporto più diffuso è il carretto trainato da cavalli, la maggior parte dei quali magri e sfiniti di fatica, guidati da coppie di contadini, con le facce segnate dalle rughe e dal sole, le donne con il capo coperto dal fazzoletto e gli uomini con la coppola scura e il carico di foraggio, masserizie e figli che portano al seguito.
Una cosa che colpisce molto è il numero di bambini, di ogni età, che giocano per strada, con pochissimi giocattoli, in genere usano sassi, bastoni, al massimo con qualche rara palla. Sono perlopiù vestiti in maniera approssimativa, a volte scalzi e spesso sporchi, sempre e comunque da soli, un po’ abbandonati a se stessi.
Le case sono incredibilmente modeste. I più fortunati hanno case in muratura con tetti decenti, ma la maggior parte delle famiglie vive in case fatte con mattoni di fango con tetti in lamiera o ether-nit poco rassicuranti, bollenti in estate e gelide in inverno, le finestre sono spesso fatte di vetri murati. Quando pensiamo che qui da dicembre in poi si possono superare i -25° e c’è neve ovunque fino alla primavera, ci vengono i brividi… come è possibile ripararsi tra fango e lamiere?!?
Attività e aiuti umanitari
Lavorare nella fattoria, per noi che siamo abituati a stare davanti al pc o al volante di una macchina, è abbastanza duro ma allo stesso tempo “diverso”.
Ci si immerge totalmente nella natura e si fatica davvero! Spaccare e riordinare la legna per l’inverno, fare piccole riparazioni per la buona tenuta dei fabbricati, lavorare la terra, riparare le attrezzature, curare gli animali da cortile, sono solo alcune delle attività che tengono impegnati i visitatori volontari coordinati da chi invece è li in pianta stabile ed è del tutto abituato alla fatica fisica.
All’interno della struttura c’è anche un magazzino di stoccaggio per poter sostenere con dei pacchi alimentari mensili le famiglie più bisognose e per poter fare una volta alla settimana la pizza per i ragazzi dell’ora felice. Infatti gli sforzi più ampi vengono rivolti proprio ai bambini: la cosa migliore che si possa fare è effettivamente questa, puntare tutto sulle anime giovani, una nuova generazione educata all’amore e all’altruismo e non alla violenza e all’egoismo. Inutile dire che in questi casi è proprio la presenza di Dio che opera in maniera meravigliosa.
Durante una permanenza tipo, è possibile, anzi importantissimo, fare le visite nelle zone immediatamente intorno al villaggio e qui un velo di profonda tristezza si posa sul qualsiasi visitatore… E’ facile entrare in case poverissime e trovarsi faccia a faccia con situazioni agghiaccianti che nessuno di noi fondamentalmente si può immaginare.
Ragazzini che vivono da soli in case piccole e abbandonati dai genitori magari emigrati all’estero in cerca di lavoro… Poco più che bambini, vivono con niente, mangiano pochissimo e malissimo e la loro cucina è davvero un disastro di sporcizia e disordine.
Spesso questi genitori vengono messi di fronte a scelte drastiche: partire o lasciare che i propri figli muoiano di fame. In queste circostanze la missione decide di far pervenire a questi ragazzi un pacco alimentare con cadenza regolare. Solo le parole del Vangelo possono scaldare il cuore con un conforto e una speranza che il mondo di disperazione che circonda queste persone, non può sperare di offrire.
Situazione sanitaria e casi difficili.
Un’altra situazione molto preoccupante è il livello basso di assistenza sanitaria. Nei nostri viaggi ci siamo trovati di fronte a situazioni davvero tristi. Una volta, in una casa abbiamo conosciuto la piccola e dolce Louise, una bimba di 3 o 4 anni. Pochi mesi prima si era rovesciata addosso una pentola d’acqua bollente danneggiandosi gravemente la mano e il braccino. E’ stata talmente traumatizzata che aveva una vergogna totale nel mostrare la mano, era sempre attaccata alla madre con il braccino offeso sempre nascosto in grembo. Nei due giorni di visita siamo riusciti piano piano a conquistarci un pochino della sua fiducia grazie a un gelato ma soprattutto a una barbie e come tutte le bimbe di ogni paese del mondo va matta per le bambole! Ci si stringe il cuore al pensiero che non possa ricevere cure adeguate e che possa rimanere gravemente danneggiata per tutta la vita. Sua madre ai tempi aveva solo 39 anni, ma ne dimostrava 50, solo i suoi occhi azzurri e grandi che simili a quelli di una ragazzina, forse troppo ingenua per affrontare la violenza che la circonda. Sempre nella stessa famiglia un’altro caso di mancanza di cure adeguate: uno bambino questa volta è sofferente, ha il viso gonfio e forse la febbre. La madre ci spiega che ha un canino che è cresciuto molto in alto sopra alla gengiva, addirittura vicino al naso. Capiamo che deve avere il trigemino molto infiammato, forse ha un’infezione e sicuramente sta soffrendo parecchio. Il giorno successivo alcuni di noi lo portano a Vaslui per cercare di farlo visitare e curare da un dentista e scoprono una realtà scioccante: la maggior parte dei medici dentisti si rifiutano di visitarlo perché capiscono che si tratta di un bimbo povero della campagna e temono che porti i pidocchi nel loro studio… incredibile! Gli rifiutano le cure… Un profondo sconcerto e totale amarezza ci assale. Solo dopo tante peripezie, a grazie a Dio alla fine riusciamo a trovare una dottoressa che accetta di dargli un’occhiata, anche se conclude che sarà necessario fare una radiografia per capire come curare il bambino. Spesso si torna alla fattoria sfiniti, più per il senso di impotenza che per la fatica di queste giornate comunque molto impegnative.
Ci sarebbero tanti casi da raccontare, come ad esempio la visita di un ospedale per visitare Eliana e i suoi due bimbi: Mariuz e Pietro. Eliana è una donna poverissima, che dopo aver perso il marito aveva subito ogni genere di violenza da parte di altri uomini del suo villaggio, era caduta nel vortice dell’alcoolismo e a stento sopravviveva insieme ai due figli piccolissimi in una situazione di totale degrado. L’anno precedente erano stati accolti in fattoria, curati e nutriti e accuditi, ma ahimè negli ultimi tempi lei sembrava proprio incapace di resistere all’alcool e per di più si era scoperto che sia lei che i bambini erano ammalati di tubercolosi. Questo ha creato non pochi problemi perché è stato necessario disinfettare tutta la fattoria e farli immediatamente ricoverare. E’ stato incredibile vedere con quanto affetto Nico abbia salutato il piccolo Pietro, un ragazzino sveglissimo e simpatico… purtroppo costretto tra le mura di un ospedale, che a dire la verità non era affatto degno di questo nome. I due bimbi hanno anche una malattia dovuta probabilmente allo stato di salute pessimo della madre durante le due gravidanze e per questo hanno problemi nella crescita, ma siamo speranzosi che Dio voglia benedirli e forse un giorno saranno in grado di tornare a vivere alla fattoria. In un secondo viaggio siamo riusciti a portare i bambini presso un centro di accoglienza, sempre molto modesto, ma almeno li ci sarà qualcuno che potrà prendersi cura di loro. In seguito abbiamo saputo con gioia che Pietro e Mariuz sono stati adottati da una famiglia rumena e che crescono sani e finalmente tra le braccia di genitori calorosi.
Attività spirituali
E’ nostra consuetudine svolgere all’interno di Chedes Agape dei momenti di comunione con canti, testimonianze, esortazioni, studio della Parola e anche il piacere di svolgere dei battesimi.
Durante i viaggi è quasi d’obbligo far visite ai credenti della zona. Le comunità vicine di Negresti e Pădureni ci accolgono sempre con gioia ai loro incontri in casa o nei locali dove si radunano settimanalmente. Ci sono diverse attività tra i giovani della zona e anche incontri tra le donne in casa, dove è possibile condividere la propria fede, cantare le lodi al Signore e crescere insieme nell’amore del Signore.
Tornando a casa…
Tornare a casa è sempre un po’ triste. Vivere sulla propria pelle queste situazioni è molto diverso che guardare un video o una foto. Gli odori, i colori, la sofferenza palpabile è qualcosa che qualsiasi viaggiatore che si trova in queste terre non dimenticherà facilmente. A volte passiamo qui solo pochi giorni, ma quello che succede nel cuore dura probabilmente per tutta la vita. Ci sentiamo diversi gli uni nei confronti degli altri, ogni volta sentiamo che questo è solo l’inizio di un’avventura, anzi senza paura possiamo dire di una “missione”, nel nome di Dio. Abbiamo paura, ne abbiamo tanta, non sappiamo se saremo all’altezza di dare un nostro contributo a tutto questo, ma siamo certi che qualunque cosa succederà cercheremo di non dimenticare, di fare tesoro di questa esperienza, di apprezzare ogni singola briciola di cibo che abbiamo quotidianamente sulla nostra tavola.
Lavorare nella vigna del Signore porta gioia. E’ proprio vero che: “un giorno nei tuoi cortili, val più che mille altrove!”
Sappiamo bene che la fattoria, la missione e tutta l’opera in questa terra può andare avanti anche senza di noi, ma al Signore è piaciuto di affidarci qualcosa di speciale: dedicarsi agli altri, Amare il nostro prossimo allontanandoci dal mondo carnale che troppo spesso offusca i nostri pensieri. Quando atterriamo di nuovo in Italia e ci stiamo dirigendo verso le nostre case, spesso il pensiero comune è di tornare presto lì, dove il povero urla la sua giustizia e “la messe è grande, ma gli operai sono pochi…”